Il valore del Dan nel Karate Tradizionale Shotokan… secondo me

 

Domenica 3 novembre si è svolta la sessione di esami federali piemontese della FIKTA di Karate Tradizionale Shotokan.

La Keiko Club Torino ha partecipato con 7 atleti, realizzando il 100% di successi senza nessun rimandato o bocciato.

Per questa ragione siamo fieri di annunciare l’ingresso di due nuove cinture nere, Christian e Nicole Bovo, l’elevazione a 2^ Dan di Daniele Cera e Sergio Pretta e il conseguimento del 3^Dan per Michele Di Monte, Maurizio Vincenti e Pietro Morgagni.

 

Si tratta di un bel successo e di una grande soddisfazione (per gli atleti e per tutta la Keiko) che attesta anche le grandi qualità del Maestro Bovo nel preparare i praticanti che presenta alle commissioni federali.

 

Questo successo, però, può essere anche l’occasione di chiarire un punto che, a ogni sessione esami, viene sollevato in sordina da praticanti inesperti o da spettatori esterni. Parlo di questioni su cosa significhi meritarsi un certo grado, in riferimento – soprattutto – ai praticanti di età più avanzata che, per forza di cose, non possono avere la stessa resa fisica dell’esaminando di 16 anni.

 

Ecco, vorrei fare un po’ di chiarezza su quale valore abbia, oggi, il tanto agognato “Dan” del Karate Shotokan e su come la vediamo qui alla Keiko.

 

La questione va affrontata su più livelli:

 

  • In primis: le commissioni sono composte da Maestri esperti e di indiscutibile valore tecnico. Questionare sulle decisioni, positive o negative, di questi Maestri significa non aver capito lo spirito di umiltà con il quale ci si appresta a ricevere ciò che i Maestri condividono con i praticanti. Non è una gara – che meriterebbe un discorso a parte – ma un esame dove ciò che conta è certamente l’aspetto tecnico, ma anche un insieme di valori fondamentali che riguardano la pratica marziale e la forma mentis con la quale ci si approccia a questa (atteggiamento, progresso personale, costanza ecc…)

 

  • Al netto “dell’argomento d’autorità” c’è un altro aspetto da considerare: “il Karate non si pratica solo nel dojo” diceva il Maestro Funakoshi. Questo per indicare come, a differenza dello sport, il Karate debba coinvolgere la personalità del praticante a 360 gradi. C’è sicuramente una base tecnica da considerare e dalla quale non si può prescindere (e infatti è frequentissimo il caso di esaminandi bocciati o rimandati, indipendentemente dalla loro forma fisica o dalla loro età), ma non è l’unico aspetto che conta nel corso di un esame.

 

  • Se lo si desidera è poi possibile procedere con una dimostrazione “per assurdo”. Se, per assurdo, i dan venissero assegnati solo in base alla forza fisica e alla prestazione tecnica e non considerando il percorso personale dove l’avversario da battere è se stessi, questo implicherebbe che a un calo della prestazione fisica di un grande Maestro in seguito al naturale decorrere dell’età, dovrebbe corrispondere un “demansionamento”. Ma allora perché non mettere solo giovani ventenni a insegnare? Perché non seguire uno che non ha mai fatto karate, ma che è tanto forte? Perché è il percorso fatto dal Maestro quello che gli allievi si propongono di seguire. Per questa stessa ragione il Maestro si sforza di essere d’esempio. Mi rivolgo ai praticanti: siete certi che a colpirvi del vostro Sensei sia stata solo la forza e non, piuttosto, la forza d’animo?

 

Tempo fa, al corso istruttori, uno dei maestri ci disse:

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Quando la federazione mi riconosce un Dan, non significa che io abbia raggiunto quello specifico livello, non è un “prendi e porta a casa”; significa che la commissione ha appurato che ci sono elementi tecnici e umani per assegnarmi il compito di essere all’altezza di ciò che ci si aspetta da quel livello. Non è un riconoscimento, ma un compito

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Ecco, credo che queste parole riassumano bene il valore autentico del Dan: certamente è una soddisfazione, ma – come tutto nel karate – è soprattutto un invito personale a dare più del massimo che ci è consentito, senza scuse o incrostazioni dell’ego, con onestà.

 

Il dan, insomma, è una questione personale, un percorso personale (altrimenti basterebbe cambiare 5 o 6 federazioni ed è un attimo diventare 6^ dan).

 

Tutto il resto sono chiacchiere e invidia che non trovano spazio in un karate sano.

 

Oss, complimenti ancora a tutti e al rispettivo miglioramento personale, grazie ai compagni della Keiko che ci hanno sopportato per due lunghi mesi di preparazione esami “ossessiva” e un immenso grazie al Maestro Bovo che ci ha preparati.

 

Pietro Morgagni

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